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Aglione toscano: storia e ricette
L’aglione toscano non è un aglio ‘grosso’, ma una varietà - purtroppo meno nota - dell’aglio comune. Il nome scientifico è Allium ampeloprasum var. holmense e la sua particolarità non è solo la dimensione (può arrivare a pesare 800 grammi, con spicchi intorno ai 70 grammi), ma il gusto particolarmente piacevole. È perfettamente digeribile e non lascia spiacevoli odori in bocca, tanto che è conosciuto anche come “aglio del bacio”.
Territorio
Il territorio dell’aglione è la Valdichiana. La zona tra Arezzo, Cortona, Chiusi, Montepulciano e Sinalunga ha le caratteristiche perfette per la sua coltivazione. Qui l’aglione non solo è di casa, ma è il re di alcune delle preparazioni più tipiche, vedremo poi quali sono le più famose.
Sempre da qui parte la spinta per il riconoscimento dell’aglione a livello ufficiale. Il 21 febbraio 2020 i produttori hanno incontrato i responsabili istituzionali per presentare richiesta della DOP per l’aglione di Valdichiana. E noi speriamo con tutto il cuore che questa venga accolta quanto prima, perché è davvero un prodotto eccezionale, che merita un giusto riconoscimento.
Coltivazione dell’aglione
L’aglione toscano si semina tra fine ottobre e inizio novembre e si raccoglie tra giugno e luglio. Oltre a essere più grande, più buono e più digeribile dell’aglio comune, è anche più resistente a malattie e parassiti, per cui si presta benissimo a una coltivazione biologica.
Per la coltivazione dell’aglione si piantano direttamente gli spicchi, secondo il metodo agamico che permette di mantenere con certezza la varietà genetica e di evitare incroci. Gli spicchi vanno messi a testa in su, praticamente a livello del terreno e ben distanziati tra loro, almeno 30 centimetri.
All’inizio dell’estate, i campi di aglione si colorano di viola. Su fusti sottili si sviluppano queste bellissime infiorescenze di forma sferica, delle vere palline di fiori. In realtà il fiore disperde le energie della pianta e riduce lo sviluppo del bulbo e quindi queste infiorescenze, tanto belle quanto dannose, vanno tempestivamente eliminate.
Alla fine di giugno l’aglio è quasi pronto e vanno sospese le irrigazioni. Così facendo, infatti, il bulbo si secca leggermente e risulta più conservabile. Una volta raccolto, va comunque fatto asciugare in un luogo riparato e arieggiato per 7 giorni prima di essere consumato.
Una storia antichissima
L’aglio (Allium) è una pianta originaria dell’Asia centrale diffusa nel Mediterraneo ormai da millenni. Egizi, Greci e Romani lo utilizzavano sia in cucina che in medicina.
Effettivamente l’aglio è ricchissimo di vitamine B e ha preziose proprietà ipotensive, digestive e ipoglicemizzanti. Regolarizza colesterolo e trigliceridi, riduce la pressione e migliora la circolazione sanguigna, il che lo rende energizzante e rivitalizzante. Alcuni lo considerano addirittura un cibo afrodisiaco!
Gli Egizi, convinti che aumentasse la forza e la resistenza fisica, lo utilizzavano come “doping” per gli schiavi ebrei. Gli atleti olimpici lo mangiavano prima delle gare e anche Ippocrate, il padre della medicina, lo somministrava come disinfettante e purgante, ma anche per dolori e disturbi polmonari. Un po’ per tutto, insomma.
Dioscoride Pedanio, medico di Nerone e autore dell’erbario “De materia medica” utilizzava l’aglio per pulire le arterie, per i disturbi del tratto gastrointestinale, per le infezioni, ma anche per le convulsioni e i morsi di animale.
Plinio il Vecchio nella “Historia Naturalis” enumera ben 23 diverse malattie che possono essere curate con l’aglio. Mal di fegato? Aglio. Vertigini? Aglio. Stipsi? Aglio. Tranne che per l’alitosi, l’aglio è davvero la panacea per tutti i mali.
Durante il Medioevo si riteneva che l’aglio potesse prevenire gli infarti. Enrico IV, primo re di Francia della dinastia Borbone, fu battezzato in acqua benedetta e aglio per proteggerlo dagli spiriti maligni e dagli insuccessi. Considerando che ebbe sei figli legittimi e nove illegittimi da quattro donne diverse, male non gli ha fatto di certo.
Dal XVI secolo in poi l’aglio viene utilizzato sistematicamente da tutte le case regnanti europee: si riteneva infatti che un consumo regolare di aglio proteggesse le gravidanze e rendesse i parti meno rischiosi. E cosa c’era di più importante della discendenza?
Se pure ha perso la sua funzione “curativa”, l’aglio rimane ancora oggi la base di moltissimi piatti della nostra tradizione. L’aglione, in particolare, è una cultivar particolare rispetto all’aglio comune, il che lo rende ancor più apprezzabile in cucina.
L’aglione in cucina
Ovvio, i pici all’aglione. Sono il piatto più caratteristico della Val di Chiana e un primo piatto davvero eccezionale. L’aglione toscano non va soffritto, ma schiacciato e cotto lentamente. Per questo sugo, la proporzione sarebbe di un bello spicchio a testa, ma non vi spaventate. Il risultato è strepitoso, delicato, fresco e per nulla invasivo. Pomodoro, aglione e, volendo, peperoncino, creano un sugo davvero ideale per i pici.
Polpette all’aglione. Sostituite l’aglio comune con l’aglione della val di Chiana per un gusto assolutamente eccezionale. Fatene davvero tante però, una tira l’altra e non si riesce a smettere.
Minestra di ceci all’aglione. Piatto invernale che riscalda e tira su. Con l’aglione, sempre stufato dolcemente, acquista tutto un altro carattere.
Aglione sottolio. Il procedimento è lo stesso delle altre verdure sottolio. Permette di avere sempre a disposizione questo fantastico ingrediente, che può essere anche aggiunto a un tagliere in accompagnamento a formaggi, salumi e verdure fresche o in barattolo.
Discorso a parte per i talli dell’aglione, i germogli verdi da cui spuntano i fiori. Si possono mangiare sia crudi che cotti, e sono semplicemente deliziosi. Stanno benissimo nelle frittate, e tritati sono perfetti per insaporire burro, salse, pesti e vinaigrette. Si possono grigliare e aggiungere sulla pizza o conservare sottaceto. Insomma, un mondo davvero tutto da scoprire quello dei talli dell’aglione.
In realtà l’aglione può essere utilizzato tranquillamente al posto dell’aglio comune in tutti i piatti, perché non copre gli altri sapori, ma li esalta. È molto meno invasivo e persistente dell’aglio comune, ma più dolce e delicato.
La differenza c’è e si sente. L’aglione toscano è un prodotto da promuovere e valorizzare, non solo per dare il giusto valore al lavoro dei produttori che tutelano e portano avanti questa coltivazione ma perché, in effetti, è proprio una delizia!