Ferragosto si avvicina, tirate fuori i cestini da picnic! Che ci portiamo? Tutte preparazioni veloci da fare e pratiche da trasportare e da mangiare – quasi non servono nemmeno piatti e posate! Il segreto? I migliori salumi italiani.
I nomi dei formaggi: perché si chiamano così?
Oggi facciamo un tour completo tra i più buoni formaggi italiani. Attenzione però, non parleremo di gusti, profumi e abbinamenti, ma scopriremo da dove vengono i loro nomi. E se alcuni sono piuttosto intuitivi, altri sono davvero curiosi!
Conoscere le origini di ciò che mettiamo nel piatto è fondamentale se vogliamo parlare di vera cultura gastronomica. E come il mastro casaro plasma la forma del formaggio, così la storia ha plasmato il suo nome. Partiamo quindi alla scoperta di un mondo meraviglioso, fatto di latte, pascoli, tradizioni antiche e lavorazioni artigianali.
Formaggi che prendono il nome dal luogo d’origine
L’opzione più facile e forse più comune. Identificare un formaggio con la sua terra natale è il modo più semplice per riconoscerlo e dimostra quanto conti il legame con il territorio. Il Gorgonzola si chiama così perché viene fatto a Gorgonzola, e quindi di Gorgonzola diventa il simbolo, quasi la personificazione.
E dopo Gorgonzola (formaggio delizioso e comune in provincia di Milano), passiamo a un altro grandissimo classico dell’arte casearia italiana, il Parmigiano Reggiano. Due nomi in uno, rispettivamente Parma e Reggio Emilia. Oggi la zona di produzione si è estesa anche a Modena e a parte di Bologna e Mantova, ma poco importa. Il legame con il territorio da cui ha avuto origine - stiamo parlando dell’inizio del 1200 - è assolutamente indissolubile.
Altro formaggio che ci dice da dove viene, il Taleggio. In questo caso non una città ma una valle lombarda, tra le province di Bergamo e di Lecco. Idem per il Montasio, altopiano delle Alpi Giulie in provincia di Udine. In entrambi i casi, pascoli estivi adibiti ad alpeggi e malghe dedite alla produzione di formaggi strepitosi.
Un po’ più triste la storia del Castelmagno, piccolo comune sparso in vetta alla valle Grana. I residenti sono sempre meno, 59 all’ultimo censimento, in assoluto il minimo storico. Effetto contrario sull’altopiano di Asiago sulle Prealpi vicentine, tra Vicenza e Trento. Qui la popolazione è in ripresa dopo il crollo degli anni ’80 e ’90.
Formaggi che prendono il nome dal procedimento produttivo
Partiamo alla grande con uno dei formaggi italiani più conosciuti al mondo, la mozzarella. Il suo nome deriva dalla mozzatura, la fase in cui la pasta filata viene, per l’appunto, mozzata, cioè tagliata con le mani per ottenere la sfera bianca e lattosa che ci piace tanto.
Anche il canestrato deve il suo nome a una fase della sua produzione. Eh sì, perché questa delizia con latte di capre e pecore allevate in pascoli bradi viene fatta stagionare in canestri di giunco, che lasciano la loro impronta intrecciata sulla crosta del formaggio.
E il caciocavallo? Il nome deriva dalla tradizione di legare le forme a due a due per farle stagionare a cavallo di una trave. Facile, no? Per la ricotta, poi, la storia è ancora più semplice: ri-cotta, cioè cotta due volte. Prima si scalda il latte, poi si ricuoce il siero.
Stracchino e strachitunt (letteralmente stracchino tondo) devono invece i loro nomi alla qualità del latte. Le mucche dopo aver pascolato tutto il giorno in alpeggio erano stanche, stracche. Il latte era poco ma eccezionale.
Anche il nome del quartirolo ha a che fare con il pascolo estivo. L’erba quartirola, infatti, è quella che nasce a valle dopo il terzo taglio, a fine estate. Le mucche riprendono la via delle stalle e trovano gli ultimi fili d’erba, carichi di tutti i profumi dell’estate.
Ci manca il Grana Padano. Padano per la zona di provenienza, ma Grana, che sta a significare? Non è una fase della lavorazione, ma una caratteristica particolare della pasta di questo formaggio. Mentre i monaci lo chiamavano Caseus Vetus per distinguerlo dai formaggi freschi, la gente del popolo rimase colpita dalla presenza dei granellini di cui era ricco, piccoli cristalli di calcio non sciolti. Da qui il nome Grana.
Nomi di formaggi avvolti nel mistero
Tra i quesiti che rimarranno irrisolti per sempre, perché provola e provolone si chiamano così? Ci sono due teorie, la prima dice che il nome provola deriva dalla pruvatura, l’assaggio di formaggio offerto ai componenti del Capitolo in processione al monastero di San Lorenzo in Capua. La seconda che le origini sono da ricercare nel greco probolè, ovvero sporgenza, in riferimento al “bottone” di pasta a cui è legata la corda.
Anche sulla fontina la faccenda non è chiara. Questo nome viene dall’alpeggio valdostano Fontin, dal vecchio villaggio di Fontinaz oppure dal francese fondis, termine che indica la capacità di questo formaggio di fondersi anche a temperature non particolarmente elevate? Chissà…
Ci sono cose che non sapremo mai e tanto vale rassegnarsi, ma altre che aspettano solo noi per venire alla luce. La bontà dei formaggi italiani, per esempio, quella sì che è una scoperta incredibile.